sabato 10 giugno 2023

convegno CONI Unisalento riforma dello sport (26/05/2023) - Intervento Prof. Pierluigi Melica

convegno CONI Unisalento riforma dello sport - trascrizione a cura di Michelangela Greco

Saluti istituzionali

Presidente Coni Giliberto Angelo

La legge è una legge sbagliata, perché non è fatta dall’interno ma è stata imposta, da persone che probabilmente conoscono poco il nostro mondo. Quando si vogliono cambiare le cose, due sono i modi per farlo: o le riforme o le guerre. In un caso e nell’altro ci vogliono mezzi, risorse economiche ed umane. Nel nostro caso non ci sono né le risorse economiche, né tanto meno quelle umane. Questa legge è stata scritta male ed applicata peggio. Se il 1° luglio entrerà in vigore il decreto attuativo, che metterà in ginocchio le ASD, ci sarà poco da fare. Orbene, dal 1° luglio tutte le ASD o SSD dovranno modificare lo statuto, specificando se la prevalenza sia sportiva o economica e sostenendo delle spese.

I criteri e i limiti saranno definiti con apposito decreto, di prossima emanazione, dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Cosa significa? Che questo metterà in ginocchio il mondo dello sport.

Sarebbe bastato modificare la legge Melandri, senza creare questa confusione. Però, il CONI che elegge 65 consiglieri, sulla base di quella legge che vuole la rappresentanza delle atlete, dei tecnici e dei dirigenti, si sarebbe potuto riunire, formulando una proposta di legge dello Sport indirizzata al ministero vigilante, il quale avrebbe fornito un parere sulla linearità rispetto alla Costituzione. In caso di mancata conformità, il CONI avrebbe adeguato la proposta e si sarebbe giunti ad una nuova legge dello Sport, così come si è sempre fatto. Questo meccanismo ha subito, per usare termini sportivi, un fallo, in quanto la politica ha voluto fare questa Riforma.

 

Prof. Luigi Melica

Nel mondo dello sport esistono due realtà: una delle società professionistiche, e un’altra numericamente preponderante che riguarda piccole ASD.

Il mondo della politica dovrebbe anzitutto occuparsi di questa distinzione e sostenere economicamente le associazioni dilettantistiche. La riforma va fatta, perchè le prime società sono aiutate dal sistema mentre le seconde no, nonostante dal punto di vista degli allenamenti settimanali è minima la differenza tra sportivi professionisti e dilettanti. Occorre considerare inoltre che le associazioni dilettantistiche tolgono dalla strada tantissimi ragazzi, bisognerebbe investire su questa causa. Le ASD che tolgono i ragazzi dalla strada devono ricevere un contributo economico dalle regioni, per il servizio sociale che svolgono. Qualcuno delle istituzioni dovrebbe prendersi carico di questo, e non possono essere le federazioni o il CONI.

 

Avv. Emanuela De Leo

Parlare di Riforma dello Sport è difficilissimo. Dal punto di vista storico, nel corso degli ultimi 30 anni, la società si è evoluta e così lo sport. Lo sport si chiama “dilettantistico”, perché nasce per diletto, ai tempi praticato solo dai ricchi. Negli anni ‘80, ci si rende conto che lo sport è diventato un fenomeno importante. Con legge 91/1981 si regolamenta solo lo sport professionistico. Mentre lo sport dilettantistico, viene lasciato in un limbo fino alla riforma. Prima della riforma, lo sport era regolamentato solo dal punto di vista fiscale, dall’art.148 TUIR e dall’art. 90 della finanziaria del 2003. Però la definizione di sport, giusta o sbagliata che sia, è stata data per la prima volta nell’art.2 del d.lgs. n.36/2021, che entrerà in vigore il 1° luglio 2023. Quindi dal punto di vista civilistico, lo sport dilettantistico non era regolamentato.

La riforma però andava fatta dal basso e non dall’alto, secondo il principio di sussidiarietà orizzontale, ex. art. 118, ultimo comma, della Costituzione.

La legge delega risale al mese di agosto 2019, i 5 decreti attuativi (dei quali 4 sono già in vigore) risalgono al febbraio 2021. Fino ad oggi in molti non si sono preoccupati della Riforma, pensando che essa sarebbe stata rinviata all’infinito. Invece stiamo parlando di qualcosa che è già attuale, la Riforma è una realtà. Il registro dell’attività sportive dilettantistiche (RAS) è già in vigore dallo scorso anno, dal 31 agosto 2022. Si è intervenuti per l’ennesima volta sul decreto attuativo del RAS, ma ancora permangono dubbi interpretativi.

 

A cosa serve il RAS? Il RAS, secondo il decreto n.39:

       certifica la natura dilettantistica di ASD ed SSD (art.10);

       certifica la natura dilettantistica dell’attività svolta dalle associazioni affiliate agli enti di promozione, alle discipline sportive associate, alle federazioni sportive nazionali;

       serve alla PA per verificare cosa succede nelle associazioni;

       serve ad ottenere la personalità giuridica in maniera semplificata, in deroga al dpr 361/2000 ;

       serve a gestire rapporti di collaborazione con vari lavoratori che si avranno nelle associazioni;

       serve a chi ha dei rapporti con le associazioni, soprattutto quelle aventi personalità giuridica ma non solo, e che quindi dal profilo pubblico possa accedere per vedere qual è la realtà con cui ci si interfaccia, come forma di garanzia. Su questo, bisogna precisare che già c’era il registro CONI, quindi perchè è stato necessario un altro registro? Perchè probabilmente non si vuole più pensare allo sport come appannaggio esclusivo del CONI, anche perché il CONI è un unicum rispetto ai comitati olimpici internazionali. Il CONI si occupa della formazione olimpica. È necessario che il CONI venga non ostacolato, bensì supportato rispetto a tutto ciò che non è sport olimpico. Chi era iscritto nel registro CONI, ha dovuto semplicemente attivare la propria utenza sul RAS, i dati del registro CONI sono transitati nel RAS. Le associazioni costituite dopo il 23 agosto 2022, devono compiere un altro passaggio attraverso l’ente affiliante che caricherà sul RAS il codice fiscale dell’associazione e del presidente, dopo sarà il legale rappresentante dell’associazione ad attivare la propria utenza.

 

Stante le numerose funzioni, il RAS non è ancora attivo.

Quali dati si inseriscono nel RAS? Innanzitutto quelli che si inseriscono nel registro CONI. Poi vi sono delle novità: devono essere inseriti tutti i nomi e i dati dei tesserati, tutti gli impianti. Addirittura inizialmente il decreto prevedeva il deposito dei rendiconti, poi c’è stato un correttivo, anche del decreto 39, per cui non è più necessario inserire i bilanci, però è necessario entro il 31 gennaio di ogni anno depositare un’autocertificazione con cui si rende conto del fatto che ci siano state delle modifiche nell’assetto societario o tutto quello che è successo nel corso dell’anno, che possa interessare il Dipartimento dello sport, sport e salute, l’Agenzia delle Entrate, il Ministero del lavoro.

Purtroppo ci sono il RUNTS, il registro CONI, il RAS, il registro CIP. Immaginate un ASD che è anche un APS, deve essere intanto iscritta a tutti e due. Nonostante il correttivo del decreto 36 abbia fatto in modo di allineare terzo settore e “sport puro” - parentesi: nella riforma del terzo settore del 2017 si dice che le APS possono svolgere anche attività sportiva fra le attività di interesse generale. Nel 2019 si ha la riforma dello sport, in cui si parla di sport vero e proprio, nel decreto 36 non c’era però un allineamento tra terzo settore e sport vero e proprio. Il decreto 36 ha cercato di collegare i due sistemi che si occupano del non profit.

 

Però, cosa è successo? C’è un problema. Quali sono i requisiti per iscriversi al RAS? Si parla per poter essere iscritti al RAS di “attività sportiva, nonché formazione, didattica, preparazione e assistenza all’attività sportiva”.  In tutta la riforma dello sport si fa una grande confusione su chi possa essere qualificato come associazione o società sportiva dilettantistica. Non è una questione solo terminologica. Dai requisiti per essere iscritti al RAS, dipendono le agevolazioni fiscali. Non si capisce se un’associazione sportiva possa svolgere esclusivamente attività sportiva o se debba necessariamente svolgere attività didattica.

Esempio, si pensi ad una palestra di fitness ASD, in cui si fanno solo corsi, senza competizioni. È un’attività sportiva dilettantistica che può iscriversi al RAS e quindi beneficiare di tutti gli sgravi fiscali? Non si sa. Il problema è che il decreto n.36 ha consentito agli enti del terzo settore di entrare nel mondo dello sport vero e proprio, ma gli enti del terzo settore non fanno solo attività sportiva ma anche altre attività. Il legislatore nel correttivo di novembre con l’art. 38 comma 1, ha detto che l’area del dilettantismo comprende i sodalizi che svolgono attività sportiva in tutte le sue forme, senza distinzione tra attività agonistica, didattica, formativa, fisica e motoria. Il problema non è risolto. Abbiamo due articoli in contraddizione tra loro nel regolamento del RAS.

Il primo dice che entro 180 giorni dall’iscrizione (nuova costituzione) al RAS, devi comunicare di svolgere almeno una delle attività o di didattica o di formazione. Quindi se faccio solo corsi ma non faccio campionati, secondo questa norma posso iscrivermi al RAS.

Il secondo articolo dice invece che servono tutte e due le attività, sia di didattica che di formazione.

 

Veniamo alle modifiche statutarie. Intanto occorre modificare gli statuti delle associazioni. È importante distinguere tra l’attività principale praticata in via stabile e le attività diverse. Allineandosi con il terzo settore, il legislatore ha dato una stretta, dicendo che l'attività istituzionale è quella praticata in via stabile e principale. Le attività diverse (es. attività ricreative, come i campi estivi) come si regolamentano? Se il 1° luglio entra in vigore la riforma, teoricamente sono attività diverse. Posto che si attende il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che riguarderà esclusivamente i limiti entro cui si potranno praticare queste attività che se andiamo al terzo settore, dovrebbe essere il 30% delle entrate del bilancio e il 66% dei costi (non lo sappiamo, perché il decreto ancora non c’è, e fortunatamente il correttivo ha tolto di mezzo da questo computo le sponsorizzazioni, i proventi promo pubblicitari, i proventi dalla gestione di impianti e i indennità per il trasferimento di atleti). Il problema qual è? Che non è chiaro. Speriamo che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri chiarisca. Eppure, se il 1° luglio entra in vigore la riforma, noi dobbiamo modificare gli statuti nel senso in cui vi ho detto.

Bisogna prendere contezza del fatto che, in parte la riforma è già legge e bisogna adeguarsi, modificando gli istituti. L’iscrizione al RAS bisogna farla. Per legge, l’unico ente certificatore non più il CONI, bensì il Dipartimento dello Sport.

 

Presidente Coni Giliberto Angelo

Il CONI, nel consiglio nazionale del 23 ha già detto che nel prossimo consiglio presenterà alle Federazioni Nazionali un documento in cui dirà come fare la modifica dello statuto, nominando anche un commissario ad acta, che lo farà per tutte le Federazioni.

lunedì 29 maggio 2023

Quando eravamo felici. Italia-Argentina 1990 di Corrado De Rosa (Minimum Fax)

Italia-Argentina 1990: la partita da cui tutto finisce Corrado De Rosa
Il 3 luglio del 1990, allo stadio San Paolo di Napoli, va in scena la semifinale del campionato del mondo tra l’Italia, paese organizzatore, e l’Argentina, detentrice del titolo. C’è ottimismo sugli esiti della partita: gli azzurri hanno vinto tutti gli incontri disputati finora, e non hanno subito neanche una rete. Ma c’è anche una sottile paura, perché tra gli avversari, che alle carenze di gioco suppliscono con un’applicazione e una grinta feroci, c’è Diego Armando Maradona. La partita si concluderà ai calci di rigore, e la sconfitta dell’Italia segnerà un punto di non ritorno per una generazione che si è formata nell’ottimismo degli anni Ottanta, lontana dagli anni di piombo, esaltata dal benessere economico e dal crollo del Muro di Berlino, ma destinata ad affrontare la crisi dei primi Novanta tra stragi di mafia, Tangentopoli, fine della prima Repubblica. Quando eravamo felici parla di calcio, di illusione per una vittoria che sembrava già scritta, di crolli emotivi. E di Diego Armando Maradona, artefice della sconfitta degli azzurri e per questo abbandonato da chi lo proteggeva e destinato a una fine ingloriosa, quando le sue vicende di droga diverranno di dominio pubblico. Con passione e precisione, Corrado De Rosa racconta un’epoca e dimostra ancora una volta, sulle orme dei più grandi scrittori e giornalisti che se ne sono occupati prima di lui, da Giovanni Arpino a Gianni Brera, come il calcio possa essere una gigantesca metafora della vita e dell’identità di una nazione. 
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